I bambini perduti

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bimb2Quando si parla di violenza domestica o di femminicidio, uno degli aspetti più inquietanti e terribili che troppo spesso passa in secondo piano, è la devastante ripercussione che questi eventi hanno sulle esistenze dei bambini.

I media solitamente danno notizia di un efferato omicidio soffermandosi sui particolari più macabri, analizzando gli aspetti più morbosi, indagando se c’è stato qualche motivo che abbia alimentato una malata gelosia. Si cerca in profondità nella vita delle persone coinvolte, la notizia di cronaca viene ripetuta talmente tante volte sino a farceli conoscere per nome. Ma la domanda che poche volte ci poniamo seriamente è “Che fine fanno i bambini? Come sopravvivono a queste tragedie?”

Quando le condizioni lo permettono, sono i nonni o gli zii a prendersi cura di loro, il Tribunale dei minori può disporne l’affido entro il quarto grado di parentela (Legge 184/83 poi modificata nella Legge 149/01), ma può capitare che non sussistano le condizioni, o che i parenti più prossimi non vogliano farsi carico di questi bambini, e così il dramma della situazione assume toni davvero inumani.

Fratelli separati perché dati in affidamento extrafamiliare, bambini costretti dalle circostanze a vivere in famiglie diverse che possono offrire solo un affidamento temporaneo, ragazzi forzati a dover lasciare gli amici e la città in cui sono cresciuti.

bimbMa oltre a questi aspetti, c’è un oscuro passeggero con cui questi bambini devono fare i conti. Dal giorno della disgraziata vicenda, nell’animo dilaniato dal dolore, crescono sentimenti come il rimorso, il senso di colpa, il ripudio per il legame indissolubile che li unisce al carnefice, la vergogna.

A questi ragazzi occorre dare risposte concrete, comprenderli, raccogliere direttamente da loro più riscontri possibili affinché il percorso di recupero possa essere strutturato con modalità sempre più adeguate. Sono diverse le realtà che hanno strutturato programmi che si muovono in questo senso, un esempio ne è il Progetto Switch-off (www.switch-off.eu) di cui ne fanno parte tra gli altri, il Dipartimento di Psicologia della Seconda università degli Studi di Napoli, l’Associazione nazionale donne in Rete (www.direcontrolaviolenza.it), l’Università di Cipro e della Lituania.

C’è un grande, serio e meticoloso lavoro da fare per non lasciare indietro questi bambini perduti, che nel proprio passato hanno subito un incolmabile mancanza di affetti, che potrebbe da adulti  determinare  la distruzione della loro esistenza. Occorre ripensare seriamente agli strumenti, le strategie che si stanno adottando e chiedersi se si stia facendo abbastanza per ricomporre una psiche dilaniata, fatta a pezzi dai ricordi dell’orrore nell’apprendere cos’è successo, il ripercorrere la vicenda negli interrogatori sostenuti con la Polizia, il funerale, l’affido, ed infine il vuoto.

Rossella Diaz

 

 

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